Il Liceo Scientifico G. Marconi ha partecipato all’evento
Martedì primo Dicembre 2015, alcune quinte del liceo scientifico G. Marconi di Foggia, accompagnate dalle docenti di Storia e Letteratura Italiana, Antonietta Pistone, Marina Balestrucci e Daniela Zazzara, hanno partecipato al conferimento della Laurea Honoris Causa ad Alberto Mieli, in Filologia, Letteratura e Storia, presso il Dipartimento di Studi Umanistici della Facoltà di Lettere, in Via Arpi, a Foggia.
Mieli è stato un testimone dei fatti dell’Olocausto, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, sopravvissuto ad Auschwitz, e alla Shoah.
Fu arrestato e torturato a 17 anni perché trovato in possesso di un francobollo della Resistenza. Deportato nel campo di sterminio di Auschwitz - Birkenau (Polonia), sul braccio gli fu tatuata la matricola 180060 e da allora, fino al giorno della liberazione, divenne un numero, uno dei tanti, spogliati di qualsiasi dignità.
Nato a Roma il 22 dicembre 1925, arrestato nel novembre del 1943, deportato ad Auschwitz e poi a Mauthausen, miracolosamente sopravvissuto alla Shoah, storico «suo malgrado» come si definisce ironicamente, Alberto Mieli è divenuto uno dei testimoni principali della strage compiuta dai tedeschi ai danni degli ebrei (e di altre popolazioni e gruppi) durante la seconda guerra mondiale.
L'indicazione della Laurea ad Honorem è stata recepita e formalizzata dal Direttore del Dipartimento dei Studi Umanistici, professor Marcello Marin, e dai docenti Saverio Russo e Stefano Picciaredda, quindi condivisa dalle Facoltà di Lettere, Beni Culturali e Scienze della Formazione e poi dal Senato Accademico. L’autorizzazione del Miur, attraverso il Ministro Stefania Giannini, al conferimento della Laurea, è giunta lo scorso 18 settembre.
La giornata culturale è stata introdotta dal Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Foggia, professor Maurizio Ricci.
Nel suo intervento al pubblico dei presenti, Alberto Mieli ha ricordato l’orrore dei campi di lavoro forzato e dei lager, nei quali ha dovuto, suo malgrado, soggiornare, fino alla liberazione.
La fame e il terrore della morte erano i sentimenti più diffusi tra i deportati. Ma anche la paura delle percosse fisiche e della violenza sistematica, praticata su innocenti e bambini, sottratti, con la forza, alle madri, ancora molto piccoli, per essere brutalmente uccisi.
Mieli ricorda di essere stato picchiato a sangue, quando veniva interrogato dalla Gestapo; di aver dovuto mangiare anche i topi, per saziare la sua fame; di aver visto figli costretti a picchiare i propri genitori, per il divertimento dei nazisti; di aver visto il tiro al bersaglio giocato con bimbetti di qualche mese, trucidati orribilmente sotto gli occhi attoniti delle proprie madri; di aver assistito alle sfilate di ingenue ragazzine quindicenni, deportate in apposite baracche per soddisfare i desideri sessuali dei gerarchi tedeschi.
Per dire “mai più” bisogna, però, cominciare dall’inizio. Dal non covare mai odio, rancore, sentimento di vendetta; dal non pensare che la violenza possa risolvere il sopruso; dal credere che il rispetto del proprio dovere, l’obbedienza ai genitori, l’adesione a valori morali degni di una sana convivenza civile, possano orientare alla Pace, al Dialogo, e alla Tolleranza accogliente dell’altro.
Una lezione di Storia che, prima di tutto, è stata una viva e feconda testimonianza di sofferta umanità.